Veniva dal mare, quando pensava
M.S.
Buona sera a tutti.
Doveva essere motivo per me di orgoglio e gratitudine avere avuto da Oriana Russo l'opportunità di poter presentare il mio libro in una biblioteca, in un luogo pensato e concepito intorno alla parola scritta. Perché La parola è la protagonista principale del mio libro Il Costruttore Di Illusioni.
Invece il caso, per motivi organizzativi all’ultimo momento siamo stati spostati negli spazi attigui alla biblioteca, nella ex Fonderia Righetti.
Il caso, quei pochi attimi di ordine nel caos dell’universo, disse qualcuno, ha voluto che la mia parola -così come oggi viene espressa regolarmente nel vecchio laboratorio di mio padre, un laboratorio di intaglio in legno e di restauro di mobili antichi, che io ho trasformato da laboratorio di oggetti in laboratorio di idee- fosse espressa in un antico laboratorio di oggetti trasformato in laboratorio di idee.
La materia, non so chi di voi è mai entrato in una fonderia: fumi, fuoco, bronzo fuso e colato, vasche di gesso per i calchi e vasche di terra cotta. Materia. E allora mi convinco sempre di più che la parola per un poeta è materia, come la pietra è materia per uno scultore.
Ringrazio innanzitutto tutti voi per la accorata risposta al mio invito; ringrazio il Maestro Carlo Molinelli, Dario Perroni dei MunduRua e Ornella Iuorio, per la perfetta sinergia di linguaggi diversi che hanno saputo realizzare intorno alla mia parola scritta, e ci tengo a precisare a titolo del tutto gratuito, mossi esclusivamente dalla passione per la ricerca di nuovi linguaggi espressivi; ringrazio Pina Paone, conosciuta su facebook e che qui rappresenta per me tutti i miei contatti che mi hanno seguito in questa avventura; e naturlmente Oriana Russo per avere creduto in questa inattesa connessione, per citare una espressione che so essere molto cara a lei.
Sono felice perché questo libro, prima di essere una raccolta di “piccoli scritti”, così li amo definire e non poesie come tutti li chiamano, è innanzitutto una mia personale ricerca sul senso evocativo della parola e su come si possa costruire una poesia tenendo presente la mutazione in atto del linguaggio che sta trasformando radicalmente il modo di comunicare e, perché no, di pensare della gente, una mutazione di linguaggio la cui espressione massima è l'uso dei network e del web (e che si riflette nei rapporti interpersonali, di amore di amicizia, nell'arte, nella poesia, finanche nella politica, pensate il ruolo che hanno avuto i network nella campagna elettorale di Obama, oppure alla rete degli indignados o ai giovani del Maghreb che hanno praticamente ribaltato sistemi di potere consolidati da decenni partendo dalla comunicazione via web).
In questi anni con lo sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione, stiamo vivendo, consapevolmente o non, un mutamento radicale del linguaggio, pari nella storia solo al mutamento di linguaggio avvenuto 700 anni fa con l'invenzione della stampa e quindi con il trasferimento dalla parola orale, che ha caratterizzato il periodo antico e tutto il medioevo, alla parola scritta, che ha caratterizzato l'epoca moderna. Le nuove scoperte della fisica, la quantistica, la teoriea delle stringhe, internet, google, i network, il concetto di link, stanno completamente rivoluzionando il senso della parola e quindi del linguaggio e quindi del pensiero del singolo come delle comunità.
Il concetto di link è alla base di tutti i miei scritti.
Una caratteristica che già aveva caratterizzato la struttura narrativa del mio primo romanzo e che proprio Oriana Russo in un suo intervento ad una delle presentazioni del libro -era a san Sebastiano all'associazione Sott e Ncopp- aveva notato e sottolineato, quando disse che secondo lei c'era un particolare del libro che dava la vera chiave di lettura del mio lavoro.
Quel particolare Oriana lo individuò già espresso sulla copertina, nel titolo, nella congiunzione “e”tra la parola antiquario e la parola professore. L'idea della congiunzione del collegamento tra due parti, è la struttura stessa di quel libro, infatti la prima parte del libro è il regno delle ipotesi dove sale a galla dall'oblio della memoria dell'antiquario il suo personale e intimo mondo, nella seconda parte è il regno del professore, che si presenta all'antiquario. Al centro, come anello di congiunzione tra queste due realtà diverse tra loro, un sogno, il sogno dell'antiquario, dove incontra la “parola”. Il collegamento, il link, la congiunzione.
Una sola vocale che diventa la chiave di lettura di un intero libro. Una raffinata e sottile intuizione quella di Oriana che mi ha fatto poi riflettere in modo razionale su qualcosa che istintivamente stavo ricercando: una indagine, attraverso la narrazione, sulla trasformazione del linguaggio che sta stravolgendo completamente il modo di comunicare e di pensare Gran parte di questo mutamento del linguaggio è espresso dal concetto di Link.
Pina Paone Mario Scippa e Oriana Russo |
Link, oggi un termine di uso comune, che fa parte delle nostre quotidiane abitudini ma solo 15 anni fa era sconosciuto a chi non parlava inglese. Link, una parolina, semplice, che letteralmente significa anello, collegamento, catena, che ha completamente rivoluzionato il nostro modo di comunicare.
Il link si è imposto con la comparsa di google il primo motore di ricerca in internet che suggerisce una consultazione delle pagine web in funzione di un ordine stabilito in virtù delle “pagine più linkate” dalla parola che stiamo cercando.
Linkate altro termine completamente nuovo nel dizionario italiano, comune a tutti noi e che fino a pochissimo tempo fa neanche esisteva e che significa : pagine che possono avere niente in comune tra loro se non quella parolina azzurra, quel collegamento, il link:
Una sola parola che può mettere in relazione realtà diverse tra loro e queste realtà con noi. Che forza il link
Torniamo al libro di stasera
Come nasce il Costruttore Di Illusioni
Io credo che per ogni scrittore ogni libro che scrive non è altro che la continuazione naturale di ciò che ha scritto precedentemente e l'anticipo di ciò che poi scriverà.
Chì ha letto L'Antiquario e Il Professore si sarà accorto dell'attenzione che io rivolgo al carattere evocativo della parola e alla natura poetica che ho sempre espresso anche in una semplice descrizione di un luogo, di un fatto o di un personaggio.
Tra l'altro l'ultima frase del libro, preannunciando questo lavoro che presento stasera, testualmente dice:
“[...]l'antiquario si sentì come Mercurio, come il messaggero di Zeus che viaggia sulla leggerezza dei suoi sandali alati e, da quel momento in poi, incominciò a viaggiare sulle ali della leggerezza verso una magnifica terra.
Un mondo senza alcun confine, la poesia.”
Quella frase, già quando la scrissi e chiusi quel romanzo, fu come una sorta di appuntamento con la poesia, prima con me stesso e poi con chi potevo condividere i miei scritti.
In quel periodo, 2 anni fa circa, per pubblicizzare il mio libro, iniziai ad usare molto internet, i network, ovvero la interazione diretta con le persone che erano in rete.
Due anni fa, circa, nelle sere di Agosto, incominciai a voler dare una forma ad alcune mie immagini che da sempre mi sono appartenute, con le parole.
Incominciai a scrivere piccoli testi e mentre scrivevo non facevo che riflettere sui mutamenti del linguaggio in atto e il senso che avrebbe avuto scrivere poesie se poi il linguaggio usato non corrispondeva alla radicale mutazione in atto che avvertivo nel modo di comunicare della gente.
Mi immersi nei social network per comprendere le potenzialità espressive di questa nuova forma di linguaggio che stava contagiando a macchia d'olio milioni di persone in tutto il mondo, per capire in che modo quelle immagini che volevo tradurre in parole potessero essere in sintonia con queste nuove potenzialità espressive.
Usai una tecnica molto semplice.
Scorrevo la mia home page osservando attentamente come i miei contatti comunicavano tra loro e con se stessi, pubblicando video, canzoni, fotografie, aforismi, notizie di attualità, battute, messaggi a volte allegri spensierati altre volte che esprimevano un'atavica solitudine in chi li pubblicava e qundi una disperata richiesta di essere ascoltati. Erano tutti messaggi come chiusi in bottiglie e lanciati nel mare, con la speranza di essere raccolti da qualcuno.
Quelle immagini le trasformavo in piccoli testi, costruendo dei versi. Dopo individuavo una parola chiave che potesse in un certo modo sintetizzare l'immagine complessiva del testo. Pubblicavo quella parola sulla mia pagina facebook e chiedendo ai miei contatti in linea quale immagine veniva nella mente leggendola. Fin dalla prima volta decine e decine di contatti rispondevano inaspettatamente a quella mia richiesta, divertiti e appassionati. Quelle frasi cparoler, o versi che loro scrivevano come risposta, io le trasformavo, operando un esercizio retorico, attraverso l'individuazione di metafore, di figure retoriche o sinonimi o contrari, per inserirlne alcune perfettamente nel testo che avevo già preparato. Per poi pubblicare il testo completo e far frutto dei commenti per scrivere altro ancora. Fu l'inizio del gioco della parola, che durò qualche mese.
Era come una miniera di immagini la mia homepage.
In quelle immagini pubblicate che scorrevano e che inesorabilmente sparivano affondando sotto il bordo inferiore del video, scomparendo, scoprii un nuovo mondo.
Un mondo fatto di linguaggi per me inedito nuovo, complesso, caratterizzato da una inedita leggerezza comunicativa, da una straordinaria visibilità, da una incredibile rapidità nella diffusione, era una eccezionale molteplicità di stimoli che, anche se poteva sembrare un caotico mondo conteneva in sé una idea di ordine, di esattezza.
Leggerezza, Visibilità, Rapidità, Molteplicità, Esattezza. Era il testamento di Italo Calvino.
Erano i valori della letteratura individuati da Calvino alla fine del secolo scorso, da salvare e da portare nel millennio in cui viviamo oggi, nella cultura postmoderna.
Era il mondo nel quale apparteneva quel linguaggio con il quale volevo interagire, con cui strutturare i miei scritti e comunicare, in tempo reale con i contatti in linea. Era per me il nuovo linguaggio al quale doveva far riferimento la poesia.
Partendo dal presupposto, del quale sono fermamente convinto, che la poesia, come l'arte in genere, è lo strumento che ci permette di andare oltre i confini del sensibile e darci una rappresentazione del mondo oltre ciò che ci appare come scontato, io adesso sono convinto che la poesia può riacquistare, con questo nuovo modo di comunicare, un ruolo che sembra essersi perso da qualche decina di anni assolvendo ad un importante dovere morale: quello di rivelare ciò che agli altri non appare immediatamente visibile. In particolare rivelare la bellezza.
Mentre scrivevo e stavo in contatto con gli atri utenti on-line con il gioco della parola mi arrivavano tante poesie di tante persone che si definivano poeti. Ne avrò lette migliaia. E nel frattempo continuavo a scorrere la home page leggendo aforismi, note, ascoltando musiche, guardando fotografie.
Un giorno mi capitò sotto gli occhi un link. Era un video. Un video crudele. Raccontava una storia di Bambini in Cambogia usati per soddisfare le esigenze sessuali di adulti.
Ne rimasi sconvolto.
Quelle “poesie” dei miei contatti e anche le mie, dalla visione di quel video in poi, le sentivo inutili, leggevo, rileggevo e vedevo solo parole vuote.
Mi vedevo io, e tutta quella gente che sapeva usare la parola, inutile che non assolvevamo a quel dovere morale di chi ha uno strumento tra le mani per poter rivelare e piuttosto che rivelare con la parola tendevamo a nascondere, a creare un momento “altro” per non pensare.
Un poeta, un vero poeta, dovrebbe invece descirivere tanto ciò che è da sempre dentro di sé, quanto ciò che dentro di sé viene continuamente modificato da ciò che arriva dal mondo esterno.
In Particolare un poeta dovrebbe essre colui che avverte chiaramente l'attraversamento nel proprio essere di quella potente energia che con la sua forza ascensionale, vincendo la forza di gravità partendo dal centro della terra, si proietta in ogni punto dell'universo: la bellezza, che come un urlo deve farci sentire e vedere le ingiustizie e le brutture del mondo.
Invecel Leggevo la grande inutilità della parola in quella cosiddetta poesia.
Dopo quel video mi fermai con il gioco della parola.
Incominciai a riflettere sulla potenza inespressa negli ultimi decenni della parola nella poesia, e di tutti i fatti tragici che accadevano nel mondo. Pensai alla bellezza, come disse Dostoevskij, l'unica forza che ci poteva salvare, e invece chi fa poesia oggi sembra non accorgersene, soffocandola in inutili parole.
In quei pochi minuti della durata di quel video, guardando quei bellissimi occhi neri e lucidi di quei bambini, la cui infazia è stata distrutta dalla follia perversa degli adulti, mi sentìì di quei delitti e di tutti i delitti del mondo complice:
Parole nude, affiorono
dal profondo, inutili.
Le farfalle volano
cercando cristalli nei sogni,
le fiamme nella foresta
bruciano ali e tempi.
Barbari, mercenari,
cannibali, preti e profeti.
Forma assente, vuoto,
nella mente dilaga follia.
Silenzi assordanti
sfondano i timpani,
campane di bronzo fuso dal fuoco
dell'inutile guerra.
Nella mente specchi,
pensieri brucianti di rabbie.
Poeta, taci?
tu non puoi! la tua è Poesia.
Illusione e paura, mia,
riflessi muti su pareti di gomma.
L'orrore invade il mondo;
potenti, bellezze, orchi,
del pudore divoratori.
Striscia, tranquilla, languida,
la parola vestita.
Piccoli fiori senza più petali.
Fragile gazzella, pelle consumata
dagli sguardi assetati
di affamati leoni.
Il mondo guarda,
il mondo sa,
è complice e tace.
Vendute,
le vendono morte nell'anima.
Ed io, poeta?
No, Complice!
La forza della parola
La parola. Che forza la parola potrebbe e dovrebbe avere.
Con la parola in questo libro ci ho giocato, ci ho sofferto, ho trovato sfumature, collegamenti, costruito figure retoriche, metafore per parlare e raccontare di fatti terribili come di sensazioni docissime.
Con la parola ho cercato di dare vita a realtà che partendo da alcune mie esperienze sono diventate autonome, vivendo di vita propria indipendentemente da me, in cui centinaia di miei contatti si riconoscevano o riconoscevano semplicemente qualche cosa di loro.
I miei contatti, leggendo on line i miei piccoli scritti nati col gioco della parola, e che ora fanno parte di questa raccolta IL Costruttore di Illusioni, a detta di tanti, avevano l'impressione di essersi affacciati sulla mia anima.
Mi rivolgevano tante domende riconducibili tutte ad una unica sola domanda:
ma tu cos'hai dentro?
Ornella Iuorio |
La stessa domanda che mi rivolgevano nello stesso tempo i lettori dell'antiquario eil professore. Allora decisi di scrive un piccolo scritto che mi doveva servire da un lato per le presentazioni del libro, dall'altro doveva rispondere a quella domanda dei contatti on line.
Feci un esercizio retorico operando una sorta di introspezione psicologica cercando di isolare alcuni punti in comune tra me e i personaggi del libro e tutti quei piccoli scritti e poesie che avevo prodotto fino a quel momento.
Usai per la prima volta la lingua napoletana, anche perché qullo scritto partiva da riferimenti fortemente autobiografici e siccome io sono profondamente napoletano e il mio linguaggio è profondamente napoletano quel testo non poteva che essere scritto che in napoletano.
Scrissi:
Chell'cà teng'à dint'
À dint'à me io nun teng'nient.
Nient'é speciale.
Niènt'é cchiù e quanto tu putiss' ammaginar'é mé.
Dint'é mé teng'solo chéllà cà'tenan à'dinto tutt'quant.
À Vita!
Chéllà passata e chellà c'addà ancora venì.
À dint' tengo
ò 'bben'è ò male.
O' Fuoco e l'acqua
Sì!
Puzzulente e prufumato.
O' mare!
L'addore de' limone.
Teng pur'è facce dà gente.
Comm'à chillu cuoll ruoss jè ricchini e donnà Giusuppina à Pezzecàt.
Teng pure à luce
cà sciuléa coppè é mur e chillu vico à do sò nato.
O' vico Lammataro',
nu' vico stritt'è luongo e vasci'à Sanità.
A dint' teng chella cèra.
Era e don' Michele Savarese!
n'omm ca faticava che suonn.
Scennev tutt' é juorn cu chella machina fotografica.
Diceva ca chella che le passava sott'all'uocchie era a Vita!
Era a Vita! Diceva,
e nun' za puteva fa passà a cossì!
S'era mis n'capa che la doveva fermare!
È dall, è dall, ca nu juorn, abbasci'à litoranea,
annanz'à chelli sei criatur,
a vita soja, ò veramente se fermai.
A' dint a me teng' e Mane.
E mane'é patem'!
E' Mane, e chill'omm piccirill,
ca, da' matin'a' sera, steva chìato 'ncopp'ò scann'.
È che se fidav'é fà, cu chellì mane:
'ntagliav ò legno!
A me, à quent'er'criaturo, mi piacev sempe dé guardà.
Mentre faticav', me parlav',
sbruvignanem tutt'é mister' dò polzo e dò scarpiéll .
Ah! Chellì'man, che bellì'man!
Nu brutt'juòrne nà fetent'é malatìa cé ll'hà ciungàt!
À dint'à mè teng'à Pàur!
Chella nuttata! He! é chi si scord'cchiù!
Tenev'à pàur'è rommì'dà sulo dinto ò lettin.
Pàtemo m'aizaje 'ppe ll'arià
dicett' cà si nu'me passav', m'jettav' accopp'àbbascio.
Mamma mia chella'nuttat!
Me facett'luvà o' viziò e fujì dint'ò lietto suoje.
Ch'paur ca me mettett!
Nunn'ò guardaje dint'all'uocchié pé 'nà semmana sana.
À dint' teng'ò primm'ammor.
Ma è natur!
(Mò vuless proprio vedè chi è ca miezz a vuje nunn'o ten cchiù)
Còsa comune!
A me,
senz'à fà mal'à nisciun, ogni tant, quant'men mé l'aspett,
sàglie a galla!
Comm'è l'uocchije dé figljè meje o chill'dà mammà'llor.
L'uocchie da' femmena cà mò voglio tanto ben'assaje!
À verità è ca dint é me ce sta nà strana'pucundria.
À viv'è à cerc rerenn'miez a 'ggentè! E guarde dint'alluocchj'è...
(zittu, zitt')
...nun mé faccio mai fujì nient.
À dint'à mé c'è stann cose comme 'ttante,
comun'à tuttì.
Ma, ch'àrraccontàt, cu'à parola giusta,
paran'cose prezios'è rar.
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Poesie scritte per… “Gioco”
RispondiEliminadi Marianna Micheluzzi
Entrare nel mondo poetico di Mario Scippa è stato per me, devo dirlo, estremamente
agevole.
Eppure io non sono un poeta. Né tanto meno mi occupo quotidianamente di poesia.
A legare me e Mario, quasi certamente, è stata, a pelle, la “napoletanità”, che è a mio
avviso un insieme di immediatezza del sentimento mista a ragione.
“Napoletanità” non è “pappa di cuore”, come i più possono pensare. E’ piuttosto la
capacità d’entrare nel mondo dell’altro e, allo stesso tempo, di saperlo ben accogliere.
E lo si fa con molta lucidità, alla luce della ragione appunto, utilizzando quelli che sono
gli strumenti idonei.
In primis ovviamente l’intelligenza, che è sempre e soprattutto, per un napoletano,
“intelligenza del cuore”.
I testi poetici di Mario Scippa sono nati per gioco. Lo dice lui stesso quando racconta il
coinvolgimento degli amici di un network per strutturare o destrutturare, a seconda dei
casi, il prodotto di quella che poteva essere, o essere stata, l’ispirazione di un momento o
la riflessione su di un contenuto, che la memoria magari gli ha riportato, senza volerlo e
all’improvviso.
Il gioco però, a poco a poco, si è fatto interessante e non è stato più gioco.
I contributi degli amici hanno consentito così al poeta di affinare ulteriormente i suoi
strumenti di lavoro e dare certamente un più ampio respiro alla creatività.
Ma che cos’è la “Poesia”? A che serve la”Poesia”?
Sono interrogativi che sorgono spontanei, leggendo i versi di Scippa,alla cui raccolta
l’autore ha pensato di dare il titolo provocatorio di “IL COSTRUTTORE DI
ILLUSIONI”.
La “Poesia” è vita riflessa -io credo- e, se deve servire a qualcosa, è solo la capacità
intrinseca che ha, quando è autentica poesia, di proporci un ventaglio di temi, proprio
come in uno specchio, a conferma della varietà ma anche dell’universalità dell’esistenza.
Nella “Poesia” spesso non sai, ad una prima lettura, se quanto narrato è vita vera o vita
riflessa.
Illusione o verità vera?
Poi però, quando la struttura è la forma, quando il gioco si fa pesante, comprendi bene
che la”Poesia” è una cosa seria.
Imprigiona la “vita”.
E, a partire da essa “Poesia”, sta a te lettore, infine, stabilire se per l’umanità, e non solo,
la vita è progetto o prigione.
Sei tu, come ci ricorda lo stesso Scippa, a dover capire se è preferibile mettere un punto
oppure partire da un punto (geometria dell’essere al di là dello spazio e del tempo) per
muoversi nel labirinto della vita.
Le “illusioni” del poeta non sono mai tali. Anzi.
La “Poesia”, quella vera, è la vita.
E noi, umani e non solo, siamo le parole, i versi, le figure retoriche, le sillabe tronche, che
il poeta prova ad adoperare.
Marianna Micheluzzi
Ricordi riflessi
RispondiEliminadi Rosa Cassese
Parlare del poeta Scippa è voler dire dell'indefinito di un orizzonte di ricordi riflessi negli
specchi della memoria; essi prendono corpo, diventano "sagome" che "ballano" nella
mente e che, a volte, turbano il sonno, altre danno vita a delle liriche, a tutte, prima
incompiute come significato, persino allo stesso autore, ma ne assumono altri diversi per i
lettori che, spesso, si sono messi alla prova per interpretarle e per cercare di poter
indagare nell'IO del poeta, onde carpirne i segreti riposti.
Da un iniziale gioco di parole, sono nati sonetti, lambicchi cerebrali, veri capolavori
poetici che definirei di un ermetismo dal sapore nuovo ma sempre antico.
Spesso, noi amici di FB, siamo stati messi alla prova e all'interpretazione di tali testi che,
all'inizio, ho definito particolari, difficili, ma di notevole acume intellettivo; tale rimane,
per me il giudizio di questa raccolta poetica, che se prima pullulava solo nella sua mente,
solo come un termine da unire ad altri, diventa, in seguito, tormento, incubo, fermento,
rimembranza di un passato, a volte felice, altre meno, ma che serviva al poeta per
ricostruire il puzzle della propria vita.
Questa è arte, è ricchezza interiore, è un voler cantare il dolore, il ricordo, dare onore al
padre; prospettare l'Amore verso la stessa donna, però sotto aspetti diversi, nel tempo.
Come ultimo affannasi, leggiamo una lirica scritta in vernacolo, napoletano: Chell'cà
teng'è rint. Il poeta si chiede, sotto forma di indagine introspettiva, senza riuscire a
comprendere, cosa lo agiti interiormente.
La risposta la trova nelle stesse domande: ha l'Amore poetico immenso da distribuire a
tutti per far "circolare" la Parola, il sentimento, la passione, la vita, l'Ardore.
Direi che è la prima volta, che mi trovo a dover apprezzare, una forma poetica innovativa,
ma tanto significativa e lambiccosa.
7 Dicembre 2009
Rosa Cassese
Nella fucina della parola
RispondiEliminadi Maria Antonia Cattaneo
L'incontro con lo scrittore Mario Scippa, è subito impatto, folgorazione d'immagini
intense, forti e profonde.
Nella fucina della parola, gestita come pietra grezza, egli forgia le più belle poesie
dell'uomo contemporaneo alla ricerca di sé.
In:"Toglietemi gli specchi", Scippa, fa una riflessione fantastica sul mondo interiore, dove
si riflettono immagini esterne, ricordi, sogni, incubi, confusi con il tempo.
La ricerca e l'analisi del poeta, diventa qui più complessa, difficile, come se percorresse, a
fatica e con sofferenza, il buio mistero dell'umana esistenza. Scippa, sa trasformare la
materia grezza della parola in un fantastico caleidoscopio. Le emozioni si riflettono
senza fine, sugli specchi della fantasia, creando così il gioco dell'illusione che da al lettore
l'impressione di trovarsi di fronte ad una superficie riflettente se stesso all'infinito.
Il lettore, viene sempre catturato dalla forza suggestiva delle immagini e trasportato nel
mondo onirico, ancestrale, che spazia dalla ricerca filosofica, al fascino di
un'interpretazione emozionante e magica.
I temi trattati, sono la solitudine esistenziale, riscontrata negli occhi neri di un piccolo
rom, nell'esile figura di una prostituta africana illuminata dai fari, nel sogno di un soldato
e quello di un cane che sogna di essere abbandonato, nella cattiveria di una chiromante
che divora sogni e speranze di chi è debole e infine le solitudini più nascoste, come quella
di una diva tra la folla all'abbassarsi del sipario e quella di chi subisce violenza dal
proprio uomo.
Un'opera significativa del poeta è: “Stanza”: luogo mentale in cui ognuno di noi ricerca
se stesso nel labirinto del proprio tempo. Una ricerca che si sussegue continuamente
senza riposo, una porta dopo l'altra, fino a scorgere, al centro della stanza un violino,
"silenzioso equilibrio col fuoco." Il ritrovamento della parola, della nostra voce, la
percezione di noi stessi in armonia con l'universo, anche se poi......"DI NOTTE,ANTICHI
MURATORI, RIFLESSI NEGLI OCCHI DI UNA SCIMMIA, INNALZANO MURI DI
PERCHE" e la ricerca continua.
Con "L'ILLUSIONISTA" l'affascinante raccontarsi del poeta:
"VENIVA DAL MARE,QUANDO PENSAVA
AL MARE TORNAVA. PIETRE INVISIBILI
CON SOTTILI E MISTERIOSI FILI LE INFILIVA
VECCHIO,DI UN GIOVANE UOMO,OCCHI
Qui,il poeta,guarda con lo sguardo grave e stanco di un vecchio, ma con gli occhi
giovani del sogno e della speranza.
"FERMO IN UN PUNTO,NELL'UNIVERSO IMMERSO,
IL SILENZIO ERA IL SUO MIGLIORE AMICO.
LA PIETRA,FEDELE COMPAGNA.IL FILO,
SCONOSCIUTO FILO, LI TENEVA INSIEME
GIOIELLI FANTASTICI E RARI,INVISIBILI
PER TANTI, MA NON PER LUI.”
Ecco il poeta Mario Scippa, il cantore della vita che, oltre i confini del tempo e dello
spazio,ci racconta "in silenzio", le infinite emozioni della vita.
Egli,"usando" le pietre grezze della parola, crea con il filo della fantasia,un gioco infinito
e bellissimo di colori,un caleidoscopio di immagini e sensazioni che non hanno mai
fine;lasciando al lettore,l'illusione di leggere sempre qualcosa di non scritto.
Trovo in questa forma poetica, una grande capacità espressiva e innovativa, per cui
ringrazio questo poeta che mi ha dato la possibilità di conoscerlo e di apprezzarlo.
Maria Antonia Cattaneo
Fiat Lux.
RispondiEliminaDI Isabella Bigliuti
La poesia di Mario Scippa ci afferra per mano e ci accompagna verso un’esplorazione
degli abissi più profondi e più oscuri di noi. Il percorso è quello dei miti, Scippa come
Orfeo o come Parsifal, intraprende un viaggio periglioso alla ricerca della parola perduta,
il Fiat Lux, incrostato e oscurato dai vissuti.
Nel suo canto senza tempo, gli archetipi emergono a guida o a limite del poeta e il
simbolo si materializza in lucida concretezza, quasi a protezione della condizione umana,
debole e dolorosa.
Il clima onirico delle poesie avvolge. E da questa dimensione di sogno, il poeta, intravede
una speranza, anche se lui non giudicandosi meritorio rimane attonito, e lascia al fato il
compito di condurlo alla meta.
Ogni poesia ha un suo clima e vive una propria iniziazione metafisica, con molto
“pathos” psicologico, che mostra al lettore interrogativi profondissimi.
Ogni poesia della collezione, apre uno spiraglio diverso e anche se tutte le opere sono
collegate, ogni poesia pone un nuovo cammino, con una rinnovata visione di noi e dei
nostri limiti.
Isabella Bigliuti
Le illusioni della vita
RispondiEliminadi Dina Martino
"Costruttore di illusioni" sei eclettico Mario Scippa che hai raccolto sotto questo titolo
alcune tue composizioni poetiche nate in modo assai singolare dal tuo estro
con il coinvolgimento dei tuoi contatti su facebook.
E' stato un gioco intrigante di scambi nonché d'ispirazione per te che hai saputo tessere
una rete di relazioni intelligente, dando vita ad una partecipazione attiva e appassionata.
La cosa che più mi avvince è il tuo desiderio di composizioni
flessibili,plasmabili,fluide,la tua attenzione alle parole d'altri e la recettività ad assorbire
come spugna ogni suggerimento che ti evoca immagini.
"Il meglio della vita sono le illusioni della vita"-scriveva Honoré De Balzac-continua a
costruire illusioni e noi sogneremo con te, senza illusioni l'umanità morirebbe di noia.
Dina Martino
L'insieme
RispondiEliminadi Emma Leporati
Ho letto con vivo interesse il Costruttore di illusioni, e forse il mio pensiero è già in parte
trapelato, attraverso le riflessioni che i tuoi scritti hanno in me evocato...
ora il mio leggere è L'insieme
Ho riflettuto sulla parola costruttore e nello sguardo esteriore delle cose, di tutto ciò che
accomuna l'esistenza umana, ogni parola PIETRA, insieme all'esperienza, va
a COSTRUIRE quella Torre , che al pari della Torre di Babele, ogni uomo, vuole ergere
(o vorrebbe ) per raggiungere l'INFINITO.
Ma ecco che un passo alla volta, ci si accorge che il cammino deve essere, prima che in
ascesa, in discesa, che è necessario compiere quel viaggio introspettivo intorno e dentro
l'Unico Centro, attraversando le diverse stanze dell'Anima, certo non senza angoscia e
con estrema sofferenza come tu hai palesato.
Scriveva S. Teresa d'Avila che, esistono parecchi uomini imprigionati in queste stanze,
incapaci di uscire dal labirinto che invece a te ha permesso di comprendere in chi sei,
magistralmente descritto in Chell'teng a rint
Qui c'è tutta la tua Anima , il tuo Centro , il tuo Universo, tu Poeta, farfalla che rincorre la
sola cosa che conta: l'Amore. Ed in questo transito, sei capace di volare.
In questi scritti c'è l'Universale Umanità ed il singolo uomo, ci sei tu.
Ti ringrazio di esserci sempre e ti confesso che pur non essendo assidua di Fb (e
nonostante creda che da tutti abbiamo qualcosa da imparare) da te ho molto compreso me
stessa, ti ringrazio di cuore.
Questi scritti in sintesi:
ciò che all'umano vedere , udire, sentire, toccare, gustare, traspare, ancor più è conosciuto
all'Universale ( Terra, Aria, Fuoco, Acqua) e soltanto attraverso il Silenzio e il Vuoto,
inteso come lo svuotarsi d orpelli esterior, la Parola ci culla, e ci accompagna nel nostro
volo, a vantaggio della Vera Realtà alla quale nessun uomo potrà mai rinunciare: l'Amore!
Grazie del tuo percorso degno di lode, grazie veramente
Emma Leporati
L'affabulatore
RispondiEliminadi RosaAnna Pironti
La mia conoscenza di Mario Scippa è nata da uno scambio reciproco di commenti ai
nostri scritti.
Il fatto che mi ha "sconvolto" di più è stato il gioco della parola.
Non potevo credere che da un elenco di parole, a prima vista slegate fra loro, riuscisse a
scrivere una poesia. Ogni volta mi incuriosiva cosa avrebbe tirato fuori, ed ogni volta,
puntualmente, ne veniva fuori una poesia.
Come un affabulatore, partendo da un termine, riesce sempre a costruirci intorno uno
scritto.
Un'abilità non da poco.
Il suo gioco continua, lega fra loro parole simili che evocano immagini e lascia libera
interpretazione a chi legge: "Senza senso" e "Spilli" sono un esempio perfetto di ciò che
dico.
Nei suoi scritti, mai scontati, si avvertono i sentimenti che si affollano nella sua mente,
vengono fuori fra le righe, preannunciando l'argomento della prossima composizione.
Non ne considero mai lo stile ma sempre e solo cosa mi evoca; trovo ottime le
descrizioni, anche se diverse per argomento, in "Fluida spirale" e in "Una poesia".
Le mie preferite, dove, a mio avviso, si riesce a leggere di più la sensibilità di Mario
Scippa, sono:
"Luminosa trasparenza", "Silenzio di donna", "Con tatto", "Anima nuda", "Carezza
stanca", "La culla delle farfalle", "Oltre la linea". Poesie che esprimono la sofferenza,
l'amore, le incertezze di un uomo. Per me questi sette “piccoli scritti”, cole l'autore ama
chiamarli, rappresentano, meglio di tutte, il suo animo.
RosaAnna Pironti
Il titolo del nuovo libro di Mario, preannuncia un qualcosa di solido, ma basato su pure illusioni da costruire con poche parole e, pennellate di un vero artista dei termini, che non progetta solo palazzi, ma castelli di vita desiderata, o da inventare, appunto attraverso le fantasticherie che accompagnano ognuno di noi, per poter affrontare il vivere quotidiano.I suoi versi sono pietre levigate da un animo sensibile, attento alle problematiche altrui, che diventano nella mente dell'autore, forma, materia sensibile.Ci sarebbe da versare fiumi di parole sulla poetica o il modo di scrivere di Mario, conosciuto attraverso le pagine di Fb, e che da subito ha attratto la mia curiosità,e fantasia; alcune liriche sono rimaste impresse come quella in cui si chiede chi sono...scritta in vernacolo, ma molto efficace.Bisogna dire che la sua opera non è solo prolifera, ma apportatrice di "benefici" illusori.Grazie
RispondiEliminaRosa Linda Cassese
Grazie a Te Rosa e a tutti gli amici che ho avuto la fortuna di conoscere su Facebook che mi avete dato l'opportunità, attraverso i vostri preziosi commenti, di mettere a fuoco alcune mie intuizioni che da anni fermentavano dentro di me.
RispondiEliminaGrazie
M.S.
Ricevo e pubblico con piacere da
RispondiEliminaMarianna Micheluzzi
Caro Mario, hai realizzato un lavoro interessante e valido anche e sopratutto perché sei stato abile a coinvolgere gli amici.
E le diverse letture hanno fatto per davvero delle tue "poesie" un'opera aperta".
Io sono convinta che ,grazie a questa reciprocità di condivisioni di idee, tu hai anche arricchito ulteriormente la tua poetica e quindi il "poeta" non è stato più da quei momenti l'intellettuale chiuso nella sua torre d'avorio ma la "poesia" e il suo demiurgo si sono aperti al mondo e il mondo ha dato e ha preso, quasi rigenerandosi ogni volta alla luce del "Bello".Perché la poesia è Bellezza gratuita.Ovvero ARTE.
Grazie di esserci.
Grazie di tutto.
Marianna con stima e affetto.