martedì 22 novembre 2011

La terra cotta: l'ipocondriaca materia. Sculture di Emma Chiavarone


ANTICHITA' SCIPPA
salotto letterario
ARTE E CULTURA


PRESENTA
Emma Chiavarone
scultrice
a cura di Mario Scippa



A' Pucundria

...terracotta,
terra bruciata dal fuoco,
simbolicamente mi riportano alla nostra madre terra,
terra partenopea
terra bruciata dal fuoco che vive nelle sue stesse viscere...






La terra cotta: l'ipocondriaca materia
di Mario Scippa

Quando ho conosciuto Emma Chiavarone la prima cosa che mi ha colpito di lei è stata la sua umiltà. Non modestia, perché l'artista è consapevole della sua sensibilità, abilità e vocazione quasi naturale a dare, con forza e sicurezza "un'anima alla materia", ma umiltà, che si esprime in una grandissima apertura alla conoscenza e con una naturale predisposizione all'ascolto, qualità che sembrano sempre di più perdersi negli ultimi anni tra gli artisti contemporanei, pervasi da presunzioni e da piccoli o grandi deliri di onniscenza.
Tale umiltà si esprime principalmente nella sua opera, in un terreno linguistico oggi spesso messo in discussione: il figurativo.
Io non amo costruire delle classificazioni (figurativo, non figurativo ecc ecc) ho, invece, una visione unitaria dell'arte e vedo e vivo l'artista come colui che si sforza di mettere in forma una idea con la materia. E quando poi questa idea prende forma e parla al mondo con il suo linguaggio e quando sento che esprime qualcosa in più a quello che consciamente era nell'idea dell'artista stesso, ovvero quando l'opera riesce a costruire un rapporto empatico con il fruitore a prescindere da ciò che ha spinto l'artista a realizzarla, mi rendo conto di essere di fronte all'arte, all'arte vera, quella con la A maiuscola, che non ha bisogno di essere classificata per genere.
Ed è il caso delle sculture di Emma Chiavaroni.

Immagini che già dalla scelta della materia - terracotta, terra bruciata dal fuoco- simbolicamente mi riportano alla nostra madre terra, alla terra partenopea, terra bruciata dal fuoco che vive nelle sue stesse viscere.
I suoi personaggi, i suoi personali fantasmi, dalle pose classiche, sono immersi sempre in una dimensione a-temporale ma con tutti i riferimenti precisi alla contemporaneità. Sono profili ed espressioni della nostra storia, dell'antica grecia e di tutta una storia antropologica della popolazione partenopea, sono rintracciati e portati alla luce nei volti delle persone a lei care, il padre il nipote, la mamma, l'amica di sempre.
alle pareti una parte delle opere esposte, in sinergia con le sculture di Emma Chiavarone,
di Francesco Saverio Fienga "Passeggiancon L'Anima" fotografie in B/N
Il ritratto è per lei un pretesto per costruire sapientemente, e con estrema abilità e conoscenza tecnica della materia scultura, una forma moderna che affonda le sue radici nella millenaria storia della sua terra: Napoli.



Lei ama molto i grandi scultori napoletani dei primi del novecento, a partire da Vincenzo Gemito, e i riferimenti al maestro non mancano nelle sue sculture. Come Gemito, anche la Chiavarone aggiunge un tassello, infinitesimo, alla narrazione attraverso la scultura di una forma classica che è in noi napoletani.
Una forma che ci portiamo tutti dentro ed è la risultante di miti, credenze, paure, luce, buio, acqua, fuoco, orizzonti, bloccati e chiusi, odori e puzze, miseria e nobiltà, odio e amore: Napoli.
M.S.
Novembre 2011
Emma Chiavaroni

giovedì 17 novembre 2011

"La strana cura del dottor Capasso" di Amedeo Messina



LA STRANA CURA DEL DOTTOR
CAPASSO
I confini delle possibilit dellamedicinapopolare napoletana

nella la ricerca scientifica del dottore Capasso, medico a Napoli tra la fine del seicento e i primi del settecento , contro il male ipocondriaco e la malinconia.


"Un libro, un prezioso cofanetto di scienza, saggezza e ironia: La strana cura del dottor Capasso del glottologo e filosofo Amedeo Messina, con interventi dello storico della medicina Arturo Armone Caruso e del filologo napoletanista Claudio Pennino. Un libro che offre al lettore una completa panoramica della cultura scientifica nella Napoli tra la fine del seicento e i primi decenni del settecento. Il tema è la ricerca scientifica del dottore Capasso, medico a Napoli in quel periodo, contro il male ipocondriaco e la malinconia non mancano i riferimenti al "male di vivere", da Ippocrate di Kos, passando per il "Regimen Sanitatis Salerni", fino a Cartesio, Kierkegaard, Marx e Nietzsche e Heidegger, includendo il "tedio" leopardiano e il baudelairiano spleen che, guarda caso, smontata ogni attesa romantica o decadente, in inglese significa "milza", organo della "bile nera.
Il rimedio proposto dal Dottor Capasso? Per il dottor Giovan Battista Capasso il male ipocondriaco andava curato là dove si formava, cioè nello stomaco, evitando agli umori maligni di agire. Un rimedio era Mangiare Trippa, o per essere più precisi "lo ccapezzale", quel tipo di trippa che noi napoletani chiamano comunemente "centopelli", ovvero la parte più magra e digeribile dello stomaco dei ruminanti.
BUON APPETITO

sono intervenuti
Prof.: Amedeo Messina
Prof: Salvatore Casaburi.
l'attore Giuseppe Giannelli
e con la partecipazione del Maestro Carlo Molinelli
ha presentato Mario Scippa




Materiale per intervento mio al salotto letterario ANTICHITA' SCIPPA: A' ppucundria, dalla lettura del libro di Amedeo Messina LA STRANA CURA DEL DOTTOR CAPASSO

Contro il male ipocondriaco e la malinconia "La strana cura del dottor Capasso, del professore Amedeo Messina con una introduzione dello storico della medicina Arturo Armone Caruso e con la traduzione del filologo napoletanista Claudio Pennino, del poemetto Lo ccapezzale scritto da Giovanni Battista Capasso nel 1722, dal quale poemetto Giuseppe Giannelli ci ha regalato la sua interpretazione dell'ultima parte, quando il dottor Capasso svela che il rimedio alla ipocondria è il capezzale, la centopelle.





Il prof. Amedeo Messina e lo scrittore Salvatore Casaburni (sullo sfondo olio su tela di Giacinto Diana "L'angelo e Tobia" del 1750. Sulla destra "San Gerolamo, maestro Napoletano della seconda metà del 600. al centro Scultura in terracotta di Emma Chiavarone.)






Qualcuno ha paragonato questo libro ad uno scrigno.
di Mario Scippa

Io l'ho letto e ho avuto proprio l'impressione di aprire veramente uno scrigno colmo di conoscenza, saggezza, filosofia, poesia e anche ironia.

Il professore Messina, partendo dalla lettura del poemetto del medico Capasso, fa fare un viaggio al lettore intorno al concetto di malinconia e di ipocondria, con un escursione che spazia nel tempo e nelle varie discipline del pensiero e dell'espressione che lo hanno affrontato.
Il “male di vivere”, quell’insoddisfazione profonda di sé che porta la persona a chiudersi in se stessa in una solitudine triste tanto indefinibile quanto profonda e totalizzante, per molti artisti sembra essere stata la molla della creatività.
Anzi, l’immaginario comune tende ancora a far coincidere lo spirito malinconico con quello artistico. Nell'arte figurativa come in quella poetica eletteraria nel tempo si è codificato tutto un sistema di segni che rapprersentano questa condizione umana.
Nel libro viene riletto questo sistema di segni, nelle artri figurative da Albrecht Durer , ma anche nei famosi versi di poeti da Petrarca fino al "tedio" di Leopardi allo "spleen" (milza in inglese organo della bile nera causa fisica della ipocondria ) di Baudelaire. Anche nel ritratto di Michelangelo firmato da Raffaello, usato per rappresentare Eraclito nella “Scuola di Atene” nei Palazzi Vaticani: il genio viene rappresentato secondo un sistema linguistico che rimanda immediatamente all'attegiamento melanconico , con lo sguardo rivolto verso il basso e la testa sorretta da un braccio poggiato sul tavolo. Tutti segni linguistici codificati, che esprimono lo stato melanconico, l'ipocondria, a' ppocondrtia.

A tal proposito, questa sera, noi di Antichità Scippa, abbiamo il piacere di ospitare in anteprima, in attesa di una sua personale che stiamo insieme progettando, alcune opere di una scultrice napoletana: Emma Chiavaroni, delle quali, proprio qualche settimana fa, ancor prima che incominciassi a leggere il libro del prof Messina, nel suo studio ne sono rimasto affascinato e discutevo con lei del concetto di malinconia e di come quelle sue opere l'esprimevano chiaramente con tutta una serie di segni ormai codificati nella storia dell'arte.
Oltre che nell'arte figurativa e nella poesia, nel libro l'autore indaga e illustra come Il "male di vivere" , ha investito la storia del pensiero filosofico da Ippocrate fino a Cartesio e poi nel pensiero dei grandi filosofi tra la fine dell'800 e dei primi del 900' ( Marx, Nietzsche e Heidegger)
Una escursione sul lingiuaggio e sul pensiero intorno al concetto di malinconia partendo, come ho detto all'inizio, dalla lettura di questo poemetto del dottor Giovanni Battista Capasso.
Siamo nei primi anni del 700' e Napoli è veramente centro di cultura nel mondo. E' a Napoli che c'è il grande dibattito culturale e anche le più avamzate scoperte scientifiche in campèo medico, come il microscopio e altro, che aprono nuove strade alla ricerca e alla medicina. E' a Napoli che si formano salotti culturali e dove la Cultura è vissuta in modo unitario senza una netta separazione tra i vari saperi.
E credo che questa visione unitaria della cultura dovrebbe sentirsi come una necessità anche oggi. Infatti oggi, da un lato l'eccessiva specializzazione dei saperi è stata un bene per l'umanità, per lo sviluppo tecnologico, dall'altro lato tale eccessiva specializzazione ha fatto perdere di vista quel carattere unitario della Cultura tendendo a separare sempre più in categorie il sapere umano (cultura scientifica, Cultura umanistica, cultura popolare, teatrale ecc ecc) e qualche volta, a mio avviso, questa separazione è stata fonte non tanto di arricchimento ma di impoverimento culturale delle civiltà

All'epoca di Capasso un medico era anche filosofo, poeta, storico e infatti per illustrare quella sua originale ricerca, che metteva anche indiscussione il modo di intendere la medicina dell'epoca, per lui curare significava agire secondo natura, ovvero attaccare il male la dove si produceva il male, sceglie la forma del poemetto dove all'interno nel quale -operando con scientificità filologica, storica, filosofioca e medica, senza perdere di vista la cultura popolare e tradizionale, quindi con una vena ironica, usando come lingua il napoletano- prima mette in discussione criticando i metoti, teorici e alchemici, di chi lo ha preceduto, per poi illustrare i risultati della propria ricerca "parlando a scatola"ovvero a "chiare parole" per farsi intendere da tutti, individuando nel centopelli, insieme alla ricerca del buon umore, un efficace rimedio alla ipocondria.

M.S
26 Novembre 2011


 
Fotografia di Francesco Saverio Fienga e scultura di Emma Chiavarone





L'uomo con lo scrigno dei gioielli

Veniva dal mare, quando pensava
nel mare tornava. Pietre invisibili
con sottili e misteriosi fili le infilava.
Vecchio, di un giovane uomo, occhi.

Lo sguardo, dove il cielo si fa mare.
La sua vita, per terre ignote vagava.
La sua voce, indefinite forme, scolpiva.
Profondo, era pensiero e respiro.

Raccontava dei dolori e degli amori,
dei suoi illimitati viaggi, raccontava
incubi, desideri, passioni, urli. Sogni
mai sognati, illusioni. Lui stesso credeva.

Fermo in un punto, nell'universo immerso,
il silenzio era il suo migliore amico.
La pietra, fedele compagna. Il filo,
sconosciuto filo, le teneva insieme.

Gioielli fantastici e rari, invisibili
per tanti, ma non per lui.
M.S



L'attore Giuseppe Giannelli








martedì 15 novembre 2011

PASSEGGIANDO CON L'ANIMA. fotografie di Francesco Saverio Fienga



"Una sorpresa!
La lenta, progressiva scoperta di questo territorio
ricco di storia e cultura millenaria"

F.S.F.

Nebbia a Napoli
Francesco Saverio Fienga




Passeggiando con l'anima
di Mario Scippa

Quando ero ragazzo pensando al 2000 pensavo a macchine volanti a incredibili viaggi nello spazio e nel tempo, ero affascinato dall'idea che il progresso tecnologico ci poteva far vivere immagini e sensazioni impensabili.
In parte tante vertiginose conquiste sono state fatte dalla tecnologia, tante, in particolare nel campo delle immagini.
Ma, la fotografia, la fotografia fatta di luce, riflessa e incidente, e di ombre, scrivere con la luce, il bianco e nero, sembra essere intramontabile ed insostituibile come linguaggio per poter trasmettere una emozione attraverso una immagine.
L'essenzialità e la padronanza della luce come segno è ciò che contraddistingue chi la fotografia la scatta prima con la sua mente e poi con un attrezzo tecnico è ciò che contraddistingue le immagini di questo lavoro, di questa passeggiata con l'anima. La luce, l'ombra, il tempo. Solo il bianco e nero può a mio avviso farci sentire tutta la valenza semantica e poetica di questi elementi, tipici fonemi del linguaggio fotografico per una costruzione di una immagine operando attraverso una sottrazione di materia.

La prima cosa che il bianco e nero di Fienga mi trasmette è la dimensione temporale della lentezza.
Sì, La lentezza! Quella sensazione di avvertire tutto lo spessore del tempo, che scorre inesorabilmente con tutta la sua velocità attraversando la nostra esistenza. La lentezza e il silenzio: dimensioni che ci fanno sentire e vedere cose che altrimenti sfuggirebbero confuse nel caos del divenire.
Oggi siamo abituati ad immagini che devono sorprendere, devono essere spettacolari, devono scioccare, scandalizzare e gli osservatori-fotografi-guardoni della realtà che, per soddisfare questa esigenza, diventano loro stessi spettacolari, esuberanti, prodotti del loro stesso prodotto. Prodotti che poche volte però esprimono bellezza.
Quando ci troviamo davanti ad immagini come quelle di Fienga, invece, ci accorgiamo che quelle immagini, che possono anche apparire scontate ad una superficiale osservazione, senza urlare sussurrano bellezza e ci trasportano oltre ciò che appare scontato.


Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di momenti silenziosi, di percepire lo spessore del tempo, dare valore allo spazio in cui le nostre esistenze si muovono e in cui le nostre radici affondano.
Oggi questo è il linguaggio che io amo, un linguaggio riflessivo, poetico, silenzioso, che porta a meditare, a pensare, senza alcun artificio in più, che non sia la scrittura di luce.
Amo quel linguaggio, come quello di Fienga, che è un delicato filtro tra noi e la magica dimensione spazio-temporale espressa dalla fotografia e che proietta il nostro sguardo in una dimensione a-temporale e a-spaziale.
M. S.

Casina vanvitelliana al Fusaro
Francesco Saverio Fienga

SINERGIE DI LINGUAGGI DIVERSI INTORNO AL TEMA: "ASCOLTARE E' GIA' UN ATTO D'AMORE"

LETTERATURA, POESIA, MUSICA, RECITAZIONE, FOTOGRAFIA E SCULTURA
IN PERFETTA SINTONIA ALLA GALLERIA ANTICHITA' SCIPPA INTORNO AL LIBRO DI ALDO DI MAURO TERAPIA D'AMORE.







Una grande serata all'insegna della 
sinergia dei linguaggi sul tema 
dell'ascolto:


-TERAPIA D'AMORE  il romanzo dello scrittore Aldo Di Mauro, 


-PASSEGGIANDO CON L'ANIMA
fotografie di Francesco Saverio Fienga 


-ASCOLTO sculture di Massimo Santamaria


-JOHANN SEBASTIAN BACH - PRELUDIO eseguito dal Maestro Carlo Molinelli 


-READING di Silvana Vaio


-IL SILENZIO DEL POETA di Mario Scippa

Linguaggi diversi che io personalmente amo e sento appartenermi profondamente.




TERAPIA D'AMORE di Aldo Di Mauro.


Ascoltare il silenzio in silenzio
di Mario Scippa


Clara, Gianfranco, Aleandro, Vittoria, Claudia oltre al cognome del protagonista Muller (di chiara origine sassone) insieme al luogo dove si svolge la storia, una casa per anziani attrezzatissima e con ogni confort e servizi, quindi costosissima e non per tutti, evidenziano, senza dirlo esplicitamente, uno spaccato sociale di Napoli.
La Napoli bene, che vive accanto e confusa ad altre realtà napoletane e che spesso insieme contribuiscono alla identificazione di una immagine codificata della città, e tante volte diventa anche uno dei tanti luoghi comuni da cui è difficele uscirne quando si racconta di Napoli (pensa a Miseria e Nobiltà, o Signori si Nasce ecc.).
Aldo di Mauro disegna questa immagine senza cadere nello stereotipo, nel luogo comune, con un attento e ricercato uso del linguaggio.

Un linguaggio fatto di sfumature, di atmosfere,  caratterizzando i personaggi con espressioni delicate, gesti sottili, silenzi.
Il Silenzio.
Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di momenti silenziosi, di percepire lo spessore del tempo, dare valore allo spazio in cui le nostre esistenze si muovono e in cui le nostre radici affondano.
E, questa sera per mettere meglio a fuoco questa mia sensazione che ho avuto leggendo il libro di Aldo Di mauro, ho voluto anche queste immagini che vedete ai vostri lati. Le fotografie di Francesco Saverio Fienga ,  Passeggiando con l'anima. Dove per immagini viene espresso questo desiderio di ascoltare in silenzio il silenzio.
Dicevo silenzio, gesti sottili, espressioni delicate, nei personaggi di Terapia d'amore, che rimandano ad un linguaggio tipicamente Napoletano, pur usando la lingua napoletana solamente in alcune frasi, anche perché  ci sono alcune espressioni o alcune frasi intraducibili dal napoletano e che non potrebbero essere dette se non in questa lingua.
E' un linguaggio d'amore quello usato dall'autore in questo libro, A tal proposito, questo libro mi ha dato l'occasione di rispolverare un vecchio testo, sempre attuale e importante, a mio avviso, quando si parla di linguaggio e in particolare di linguaggio nella dimensione dell'amore: Fammenti di un discorso amoroso,   di Ronald Barthes.
Dove con estrema lucidità, il grande semiologo, ci illustra, come in un abbecedario, una classificazione di segni linguistici che hanno come contenuto semantico la comunicazione o la non comunicazione tra soggetti che vivono la dimensione dell'amore.
Proprio come nel libro di Di Mauro, che con la leggerezza che lo contraddistingue, mette in evidenza tutto un repertorio di segni linguistici che si usano nella sfera dell'amore, calandoli e caratterizzandoli in una realtà particolare: Napoli, raccontata sempre di riflesso attraverso la caratterizzazione delle atmosfere e dei singoli personaggi (e qui cè tutta la lezione della leggerezza calviniana sulla necessità di guardare la realtà non direttamente ma attraverso un suo riflesso, come Perseo fa con la Medusa per ucciderla).
L'ASCOLTO
di Massimo Santamaria 
(foto di Simonetta Volpe)

La struttura del libro.
I confini dei personaggi sono disegnati in una storia che si sviluppa all'interno di questo "Giardino dei sogni" , strutturandosi su due livelli narrativi che hanno quasi una vita autonoma ma che si intrecciano sulla dimensione del discorso amoroso vissuto a tutto tondo: l'amore tra madre e figlio, quello tra uomo e donna, quello tra persone che appena si conoscono, l'amore della propria professione ecc ecc.
-il primo livello è quello dell'inserimento di una personalità prorompente, Clara, la mamma del professore Muller, nella stanca e abitudinaria casa per anziani, dove la sua coinvolgente ed esuberante presenza mette in moto negli altri ospiti una imprevista e inattesa voglia di vivere che si concretizzerà nella realizzazione di uno spettacolo teatrale e nella fondazione di una compagnia stabile dedicata a quella vulcanica donna;

-Il secondo livello narrativo è dedicato all'incontro tra il prof. Muller (noto professore di psichiatria) e una giovane ospite della casa, Francesca. Una donna che dopo un terribile episodioche le ha sconvolto la vita si è chiusa in sé stessa senza apparente stimolo alla comunicazione con il mondo fuori da lei.
Gli incontri, all'inizio, dovevano essere di tipo professionali: lui psichiatra doveva tentare di sbloccare quella donna, per richiesta esplicita della mamma e della direttrice della casa. Già dai primi incontri, invece, c'è un ribaltamento e sembra quasi che fosse il grande professore ad avere bisogno di una persona che lo ascoltasse, che lo ascoltasse col cuore.
Da quegli incontri nasce una sottile comunicazione fatta di silenzi, piccoli gesti apparentemente insignificanti ma che in quella dimensione, che vivono Muller e Francesca, raccontano e dicono più di tante parole.

Come ho detto all'inizio, e concludo, quella di Aldo Di Mauro -se vista nel complesso dei suoi lavori letterari, filosofici, poetici, saggistici ecc. (l'autore ha una poliedricità che è veramente invidiabile per chi come me ama la scrittura)- è una attenta ricerca sul linguaggio svolta sempre con estrema leggerezza, mai con superficialità, che si sviluppa sempre su quella linea di confine, senza mai cadere nello stereotipo del luogo comune, dove trova gli elementi per disegnare, con tratti sempre nitidi e precisi, la sua appartenenza ad una terra ricca di stimoli e satura di contraddizioni: la sua terra, la nostra terra,  Napoli.

M.S.
copyright 2011



Un mio personale  omaggio al poeta  Aldo di Mauro

Il silenzio del poeta

E' assordante, dentro, il rumore.
Pioggia incessante, immagini,
deformate, invadono la mente.
Le parole! Fuoco, acqua, colori,

Prende forma dal niente, un volto.
Dall'oriente del mondo, principi,
e cavalieri assetati di niente. Solo
anime vaganti, giocano, da sempre.

Sguardi! Nel campo ectoplasmi
fluttuanti. Le pietre, preziose, una
nell'altra si incastrano. Due Mondi
dal mare. Oblio il pericolo, il nulla!

Sole rosso, e dal mare una pagina
bianca, c'è un mondo da scrivere.
La mano trema, vibra, nel silenzio
tutto tace. E' Anima, non la tua voce.

E' un urlo nel vuoto. E' il silenzio.
Del poeta.

M.S.
© copyright2010