LA STRANA CURA DEL DOTTOR
CAPASSO
I confini delle possibilit
dellamedicinapopolare napoletana
nella la ricerca scientifica del
dottore Capasso, medico a Napoli tra la fine del seicento e i primi
del settecento , contro il male ipocondriaco e la malinconia.
"Un libro, un prezioso cofanetto
di scienza, saggezza e ironia: La strana cura del dottor Capasso del
glottologo e filosofo Amedeo Messina, con interventi dello storico
della medicina Arturo Armone Caruso e del filologo napoletanista
Claudio Pennino. Un libro che offre al lettore una completa
panoramica della cultura scientifica nella Napoli tra la fine del
seicento e i primi decenni del settecento. Il tema è la ricerca
scientifica del dottore Capasso, medico a Napoli in quel periodo,
contro il male ipocondriaco e la malinconia non mancano i riferimenti
al "male di vivere", da Ippocrate di Kos, passando per il
"Regimen Sanitatis Salerni", fino a Cartesio, Kierkegaard,
Marx e Nietzsche e Heidegger, includendo il "tedio"
leopardiano e il baudelairiano spleen che, guarda caso, smontata ogni
attesa romantica o decadente, in inglese significa "milza",
organo della "bile nera.
Il rimedio proposto dal Dottor Capasso?
Per il dottor Giovan Battista Capasso il male ipocondriaco andava
curato là dove si formava, cioè nello stomaco, evitando agli umori
maligni di agire. Un rimedio era Mangiare Trippa, o per essere più
precisi "lo ccapezzale", quel tipo di trippa che noi
napoletani chiamano comunemente "centopelli", ovvero la
parte più magra e digeribile dello stomaco dei ruminanti.
BUON APPETITO
sono intervenuti
Prof.: Amedeo Messina
Prof: Salvatore Casaburi.
l'attore Giuseppe Giannelli
e con la partecipazione del Maestro
Carlo Molinelli
ha presentato Mario Scippa
Materiale per intervento mio al salotto
letterario ANTICHITA' SCIPPA: A' ppucundria, dalla lettura del libro
di Amedeo Messina LA STRANA CURA DEL DOTTOR CAPASSO
Contro il male ipocondriaco e la
malinconia "La strana cura del dottor Capasso, del professore
Amedeo Messina con una introduzione dello storico della medicina
Arturo Armone Caruso e con la traduzione del filologo napoletanista
Claudio Pennino, del poemetto Lo ccapezzale scritto da Giovanni
Battista Capasso nel 1722, dal quale poemetto Giuseppe Giannelli ci
ha regalato la sua interpretazione dell'ultima parte, quando il
dottor Capasso svela che il rimedio alla ipocondria è il capezzale,
la centopelle.
Qualcuno ha paragonato questo libro ad
uno scrigno.
di Mario Scippa
Io l'ho letto e ho avuto proprio
l'impressione di aprire veramente uno scrigno colmo di conoscenza,
saggezza, filosofia, poesia e anche ironia.
Il professore Messina, partendo dalla
lettura del poemetto del medico Capasso, fa fare un viaggio al
lettore intorno al concetto di malinconia e di ipocondria, con un
escursione che spazia nel tempo e nelle varie discipline del pensiero
e dell'espressione che lo hanno affrontato.
Il “male di vivere”,
quell’insoddisfazione profonda di sé che porta la persona a
chiudersi in se stessa in una solitudine triste tanto indefinibile
quanto profonda e totalizzante, per molti artisti sembra essere stata
la molla della creatività.
Anzi, l’immaginario comune tende
ancora a far coincidere lo spirito malinconico con quello artistico.
Nell'arte figurativa come in quella poetica eletteraria nel tempo si
è codificato tutto un sistema di segni che rapprersentano questa
condizione umana.
Nel libro viene riletto questo sistema
di segni, nelle artri figurative da Albrecht Durer , ma anche nei
famosi versi di poeti da Petrarca fino al "tedio" di
Leopardi allo "spleen" (milza in inglese organo della bile
nera causa fisica della ipocondria ) di Baudelaire. Anche nel
ritratto di Michelangelo firmato da Raffaello, usato per
rappresentare Eraclito nella “Scuola di Atene” nei Palazzi
Vaticani: il genio viene rappresentato secondo un sistema linguistico
che rimanda immediatamente all'attegiamento melanconico , con lo
sguardo rivolto verso il basso e la testa sorretta da un braccio
poggiato sul tavolo. Tutti segni linguistici codificati, che
esprimono lo stato melanconico, l'ipocondria, a' ppocondrtia.
A tal proposito, questa sera, noi di
Antichità Scippa, abbiamo il piacere di ospitare in anteprima, in
attesa di una sua personale che stiamo insieme progettando, alcune
opere di una scultrice napoletana: Emma Chiavaroni, delle quali,
proprio qualche settimana fa, ancor prima che incominciassi a leggere
il libro del prof Messina, nel suo studio ne sono rimasto affascinato
e discutevo con lei del concetto di malinconia e di come quelle sue
opere l'esprimevano chiaramente con tutta una serie di segni ormai
codificati nella storia dell'arte.
Oltre che nell'arte figurativa e nella
poesia, nel libro l'autore indaga e illustra come Il "male di
vivere" , ha investito la storia del pensiero filosofico da
Ippocrate fino a Cartesio e poi nel pensiero dei grandi filosofi tra
la fine dell'800 e dei primi del 900' ( Marx, Nietzsche e Heidegger)
Una escursione sul lingiuaggio e sul
pensiero intorno al concetto di malinconia partendo, come ho detto
all'inizio, dalla lettura di questo poemetto del dottor Giovanni
Battista Capasso.
Siamo nei primi anni del 700' e Napoli
è veramente centro di cultura nel mondo. E' a Napoli che c'è il
grande dibattito culturale e anche le più avamzate scoperte
scientifiche in campèo medico, come il microscopio e altro, che
aprono nuove strade alla ricerca e alla medicina. E' a Napoli che si
formano salotti culturali e dove la Cultura è vissuta in modo
unitario senza una netta separazione tra i vari saperi.
E credo che questa visione unitaria
della cultura dovrebbe sentirsi come una necessità anche oggi.
Infatti oggi, da un lato l'eccessiva specializzazione dei saperi è
stata un bene per l'umanità, per lo sviluppo tecnologico,
dall'altro lato tale eccessiva specializzazione ha fatto perdere di
vista quel carattere unitario della Cultura tendendo a separare
sempre più in categorie il sapere umano (cultura scientifica,
Cultura umanistica, cultura popolare, teatrale ecc ecc) e qualche
volta, a mio avviso, questa separazione è stata fonte non tanto di
arricchimento ma di impoverimento culturale delle civiltà
All'epoca di Capasso un medico era
anche filosofo, poeta, storico e infatti per illustrare quella sua
originale ricerca, che metteva anche indiscussione il modo di
intendere la medicina dell'epoca, per lui curare significava agire
secondo natura, ovvero attaccare il male la dove si produceva il
male, sceglie la forma del poemetto dove all'interno nel quale
-operando con scientificità filologica, storica, filosofioca e
medica, senza perdere di vista la cultura popolare e tradizionale,
quindi con una vena ironica, usando come lingua il napoletano- prima
mette in discussione criticando i metoti, teorici e alchemici, di chi
lo ha preceduto, per poi illustrare i risultati della propria ricerca
"parlando a scatola"ovvero a "chiare parole" per
farsi intendere da tutti, individuando nel centopelli, insieme alla
ricerca del buon umore, un efficace rimedio alla ipocondria.
M.S
26 Novembre 2011
Veniva dal mare, quando pensava
nel mare tornava. Pietre invisibili
con sottili e misteriosi fili le infilava.
Vecchio, di un giovane uomo, occhi.
Lo sguardo, dove il cielo si fa mare.
La sua vita, per terre ignote vagava.
La sua voce, indefinite forme, scolpiva.
Profondo, era pensiero e respiro.
Raccontava dei dolori e degli amori,
dei suoi illimitati viaggi, raccontava
incubi, desideri, passioni, urli. Sogni
mai sognati, illusioni. Lui stesso credeva.
Fermo in un punto, nell'universo immerso,
il silenzio era il suo migliore amico.
La pietra, fedele compagna. Il filo,
sconosciuto filo, le teneva insieme.
Gioielli fantastici e rari, invisibili
per tanti, ma non per lui.
M.S
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