sabato 21 maggio 2011

VENERDI 22 APRILE La meraviglia


CONVERSAZIONE SUL LIBRO DI NUNZIA MESKALILA COPPOLA
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Che meraviglia, sentire parlare di meraviglia in questo luogo.
Un luogo dove ho vissuto momenti della mia infanzia meravigliandomi ogni giorno.

-Nella prima serata di presentazione del salotto ho detto della necessità vitale della cultura, paragonandola alla necessaria funzione vitale dell'acqua per l'uomo, e ho detto della mia personale esigenza di farla entrare a contatto con il luogo deputato al mio lavoro.

-Nella seconda serata ho descritto lo scrittore come colui che si immerge nel mare memoria, come un archeologo subacqueo alla ricerca di frammenti. Per poi ridare, ad essi, ovvero a qualcosa di vissuto o semplicemente sognato, una nuova forma.

Una nuova forma a volte è una forma inattesa.
Spesso le cose inattese suscitano in noi quel sentimento, che è anche contrastante, che chiamiamo Meraviglia.

Questo luogo, forme nuove inattese, la meraviglia.
Immergendomi nel mio mare non posso non ricordare che dove ci troviamo adesso è per me un luogo particolare e significativo. E' il luogo dove nella mia infanzia, in silenzio guardando le mani di mio padre mentre scolpiva il legno, ogni giorno ho vissuto la meraviglia.
Sì! ho vissuto la meraviglia ogni volta che dal pezzo di legno, con un semplice colpo di scappello, lui abbozzava, ed io intravedevo, una forma. Ogni volta che si ripeteva quel gesto io vivevo quel sentimento improvviso, di viva sorpresa, la meravigliosa avventura di assistere alla creazione di una forma nuova, che nasceva dal niente.

Erano momenti magici, straordinari, vissuti nella ordinarietà quotidiana.
Oscar Wilde diceva che la vita è un brutto quarto d'ora composto da attimi squisiti.
Vivere con meraviglia quegli attimi squisiti della vita cui fa riferirimento Wilde ti fa pensare, riflettere, e anche creare, inventare.
La meraviglia, da un lato è il piacere massimo che si può provare dinnanzi a qualcosa di inatteso; dall'altro lato, può essere anche qualcosa di simile alla paura. Infatti ce lo dice anche l'origine della parola: meraviglia ha origine dal termine greco thauma che, letteralmente, significa l´orrore provato dinanzi a uno spettacolo angosciante.
Ma di queste cose in modo più particolareggiato vi parleranno gli ospiti e Di Poce

A me interessa sottolineare il fatto che il sentimento di meraviglia, nel suo insieme, provoca in noi qualcosa che somiglia alla paura, o meglio ci fa essere in uno stato psico-fisico che mette i nostri sensi in allerta, nella condizione di recepire qualcosa di inatteso e di carpirne tutte le sfumature, per poi reagire.

In quest'ottica la meraviglia quindi è quel turbamento creativo dal quale sono nate la filosofia, la mitologia, la religione, la scienza, le arti e, sopratutto, la poesia.
Poesia, in greco "Poièsis", significa inventare, comporre, ci accorgiamo che, nella poesia, la creazione e l'invenzione nascono sempre dalla volontà di raccontare ciò che agli altri sembra essere una cosa ordinaria ma che dal poeta è stata vissuta attraverso la meraviglia come qualcosa di assolutamente straordinario, indescrivibile con il linguaggio comune.

Che meraviglia la meraviglia. Platone disse che è la messaggera divina, che unisce il cielo alla terra. La descrive come una fanciulla dai piedi veloci come il vento e con ali dipinte di tutti e sette i colori dell'arcobaleno. Io, ho sempre amato meravigliarmi, e vivere tutte le sfumature che quella sensazione provoca. Sfumature che ho sempre tentato di descriverle, prima con la fotografia poi con la parola scritta, in particolare con la poesia.

Se avete un po' di pazienza mi piacerebbe leggervi un mio piccolissimo scritto che racconta di un fatto ordinario vissuto come una cosa straordinaria attraverso la meraviglia.
L'ho scritto tanti anni fa, ero un giovane studente al liceo artistico di Napoli.
Mi trovavo a Milano, accompagnai mio padre, intagliatore in legno prima, raffinato antiquario poi, in un suo giro per case d'asta.
Amavo Michelangelo. Sapevo che nel castello Sforzesco a Milano c'era una sua opera. L'ultima sua opera scolpita, trovata nel suo studio dopo la sua morte.
Il gruppo è costituito da parti condotte a termine, come il braccio destro di Cristo, e da parti non finite, come il torso del Salvatore schiacciato contro il corpo della Vergine quasi a formare un tutt'uno, con una grande e forte tensione emotiva.
Nell'ultimo periodo della sua vita Michelangelo era ossessionato dai temi religiosi e scolpì due, forse tre statue della Pietà che avrebbe voluto collocare sulla sua tomba, ma non fu mai soddisfatto dell'opera, tanto che vennero tutte interrotte .
Questo è quanto sapevo dai libri di storia dell'arte. Non ci misi molto a convincere mio padre. Disertammo l'asta e ci dirigemmo, insieme al castello.
Entrammo, in silenzio. La luce era tenue.
Il cuore mi batteva forte. Lui, mi guardava.
E la statua era di fronte. La luce, scivolava
sul bianco poroso del marmo trattenendosi
e riflettendosi qua e la. Il rumore dei nostri passi
lenti da lontano. Guardata di lato, appariva curva in avanti;
uno slancio verso l'alto , il vuoto.
Mentre ci avvicinavamo I nostri sguardi
scivolavano lungo quella materia bianca
plasmata cinquecento anni prima dalle mani
di un genio. Pietà Rondanini. Essenzialità
nella forma, pathos, silenzio, urlo. Pesantezza
della materia abbandonata dalla leggerezza
dell'anima, sprofonda.
Sostenuta dalla forza disumana, volontà di rialzarla
senza sforzo.

Il Volto, che si perde nel buio dell'informe ritornando materia
qual'era. Le Gambe. Colonne che non reggono il peso del corpo
si piegano lasciandolo cadere nel vuoto assoluto.
Lo sguardo di lei fissa il vuoto, di li a poco lo inghiottirà
la mano lo tiene, stretto, la materia si fonde,
in quel punto i due corpi diventano un unico corpo.
Ma i muscoli sprofondano inesorabilmente, l'anima si eleva
nell'universo.

la materia prima si era arricchita di spirito e poi dallo spirito
stava per essere abbandonata.
La toccai furtivamente, l'accarezzavo
mi accorsi di passare la mia mano sulla mano di mio padre.



Con tatto.

Dall'inizio del tempo, in silenzio,
dove inizia l'intorno, toccò.
Nella sua mente le parole del mondo
senza alcun suono, musica dentro.
Ossuta, forte, nervosa, tozza.

Polso.
Lama tagliente, odore di tiglio.
Forma, abbozzata in un colpo, dal niente,
dentro di sé. Poi inerte rende la fine.
Maestro d'amore e passione,
tu guidi ed io seguo. Nel mondo, nel tempo.

Con tatto era il tuo gesto. Superfici antiche
ruvide, lisce, calde, fredde, scolpite dal tempo
storie vissute nelle pieghe della materia
contatto fugace, sensuale, naturale, vivo.
L'incanto: di vita gli oggetti.

Ero un uccello sazio con il suo peso
sulla mia spalla.
Una carezza, delicata si alza. Lacrima.
Leggero tremore, è viva, ma spenta.
Musica muta.
Ormai cieca per sempre.
M.S.© copyright2011

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